Cina nuova frontiera della cucina italiana -Per la sua conclusione l’evento veneziano ha ospitato 50 discepoli di Escoffier e un seminario sul mercato del vino italiano in Cina, organizzato in collaborazione con la Scuola di Formazione della Fondazione Italia Cina
Non solo degustazioni e chef di alto livello, ma anche ospiti di eccezione e momenti di confronto per rendere il vino italiano più competitivo. Durante la giornata conclusiva di Gusto in Scena, in programma alla Scuola di San Giovanni Evangelista, si è respirato davvero un clima internazionale. Merito della visita della delegazione composta da 50 chef dell’Ordine internazionale dei Discepoli di Auguste Escoffier, associazione nata nel 1954 da Jean Ducroux, chef di cucina a Nizza ed esperto cuoco d’Auguste Escoffier. Oggi essa riunisce oltre 25mila membri distribuiti in 12 delegazioni sparse in tutto il mondo. Tra i Discepoli di Auguste Escoffier vi sono chef di altissimo livello come Paul Bocuse ma anche executive chef di grandi alberghi provenienti da Paesi come Cina, Ungheria, Stati Uniti, Italia, Svizzera, Germania, Spagna, Giappone, Benelux, Canada, Messico, Oceano Indiano, Portogallo, Thailandia, Sudafrica, Brasile, Argentina, Vietnam e Russia.
I 50 ospiti hanno incontrato con grande interesse gli espositori degli stand di I Magnifici Vini e Seduzioni di Gola e si sono soffermati, in particolare, su quello del Consorzio Tutela Parmigiano Reggiano per conoscere tutti i segreti di questo prodotto simbolo della cucina italiana. Durante la loro visita a Gusto in Scena hanno avuto anche l’occasione di incontrare l’assessore al turismo del Comune di Venezia Roberto Panciera e di conoscere meglio questa straordinaria città.
La giornata ha anche ospitato importanti approfondimenti di taglio internazionale grazie al seminario dedicato alle nuove frontiere dell’enogastronomia italiana in Cina. Dedicato ai produttori e organizzato dalla Scuola di Formazione Permanente della Fondazione Italia Cina, il focus condotto dal docente Francesco Boggio Ferraris, ha analizzato le prospettive del settore in un mercato in grande espansione, che conta 1 miliardo 344 milioni di abitanti divisi in 56 etnie. Proprio ieri Gusto in Scena aveva ospitato una delegazione di 17 ospiti cinesi, giunti all’evento per scoprire l’enogastronomia italiana. L’incontro ha offerto un’analisi economica e socio-culturale che ha delineato il profilo del moderno consumatore cinese e realizzato una mappatura delle peculiarità vinicole e gastronomiche del Paese e spiegato le strategie di posizionamento e di brand naming attraverso la lente di una cultura antica di migliaia di anni.
«La Cina è attualmente una delle mete più ambite dai produttori italiani, ma anche una delle destinazioni più complicate da raggiungere con successo», spiega Marcello Coronini, ideatore della manifestazione. «La difficoltà di interagire con una cultura così differente e in un periodo di contrazione degli scambi globali, certo non favoriscono sviluppi commerciali duraturi. A Gusto in Scena abbiamo voluto dare una mano ai produttori che hanno preso parte all’evento, stringendo una collaborazione con la Fondazione Italia Cina, organo istituzionale preposto allo sviluppo e al coordinamento delle relazioni culturali, turistiche e commerciale tra i due Paesi».
Cina: potenzialità e criticità del Paese
L’incontro ha confermato come la Cina rappresenti un porto importante per le aziende italiane del settore enologico. Il maggiore potere di spesa aumenterà il consumo di prodotti di alta qualità come il vino e l’upper middle class è la fascia che nel prossimo decennio rappresenterà 200 milioni consumatori di medio reddito rispetto ai soli 60 milioni della prima fascia. Un mercato dunque che fa gola, dove oggi si contano 960mila persone con patrimonio superiore a 1 milione di euro e 60mila super ricchi con più di 10 milioni euro. Gran parte dei consumatori qui comprano in internet e non manca una fascia di “occasionali” che acquistano il vino rosso convinti di sue proprietà salutistiche.
Per conquistare i palati di quest’area l’attenzione ai temi legati alla salute è fondamentale, come lo è sapere che non esiste una sola cucina cinese, bensì otto, ciascuna con una sua identità. La prima è localizzata nell’area centrale Sichuan e caratterizza gran parte della Cina sud occidentale, è piccantissima e speziata tanto che il suo peperoncino è uno dei più potenti. Sha dong è la seconda, più delicata con piatti freddi. La cucina dello Jansu è quella di Shanghai ed è più fusion, quella di Guandon è la cantonese ed è definita la più lontana dai nostri gusti. La cucina settentrionale è nota per i piatti carne e noodles in abbinamento a vini rossi fermi e corposi. Ad ovest i piatti si fanno più speziati e piccanti e si cercano vini rossi più dolci. Quella orientale ha piatti leggeri e freschi con riso, si preferiscono i vini fruttati con pochi tannini e quindi soprattutto i bianchi. In quella meridionale inoltre vi sono piatti dolci che vanno bene con vini bianchi fruttati. La Scuola di Formazione Permanente della Fondazione Italia Cina fondata da Cesare Romiti nel 2003, ha consentito dunque di inquadrare lo stato dell’arte e di analizzare le migliori strategie di posizionamento alla luce di specifici studi.
[/fusion_text][/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]