A Bellagio, su lago di Como, il Grand Hotel Villa Serbelloni, prestigioso 5 stelle in puro stile neoclassico di proprietà della famiglia Bucher, uno dei 50 indipendent hotel italiani, è anche il regno di uno degli Chef stellati più rinomati d’Italia. Ettore
Ettore Bocchia, emiliano classe 1965, conosciuto, non solo perché è il fondatore della cucina molecolare italiana, ma soprattutto perché Bocchia è uno scienziato prestato all’arte culinaria.
«Per me la cucina è anzitutto scienza e ricerca” afferma. Una ricerca critica, maniacale e meticolosa, della qualità delle materie prime. Sceglie personalmente i produttori, non si fida di nessuno perché lui vuole vedere, verificare, annusare e assaggiare. L’eccellenza e l’integrità del prodotto sono il suo chiodo fisso. Che si tratti di pomodori, uova o caviale il suo zelo nella scelta è sempre a livelli di perfezione. Per questo maestro del gusto, le nuove tecniche e i nuovi piatti devono valorizzare gli ingredienti naturali e le materie prime di qualità. “E soprattutto restituire al palato ciò che l’uomo sta completamente dimenticando e perdendo: il sapore delle origini” aggiunge. Come dimostra la sua storia squisita. Una storia che comincia fuori dai confini nazionali, come è normale che sia per uno Chef che ama cambiare e sfidare se stesso, che non si accontenta mai e fa della continua ricerca il suo credo. I mesi invernali, quando il Grand Hotel Villa Serbelloni rimane chiuso, Bocchia li trascorre tra workshop di fisica applicata al cibo, viaggi nelle capitali della cucina in cerca dei migliori prodotti internazionali (è stato il primo ad importare il King Crab, detto granchio gigante, dal Kamchatka) e presso i produttori alla ricerca della qualità e del gusto del cibo.
Oggi, nella stagione dei master chef, potrebbe apparire un linguaggio scontato, ma sono in molti a ricordare che proprio Bocchia fu antesignano di quella cucina molecolare che ha riempito i rotocalchi del nuovo millennio.
Lo spettacolo, però, non fa parte del vocabolario di Bocchia che ha sempre evitato, per scelta, la ribalta mediatica. Già nel 2002 crea il primo menù di cucina molecolare in collaborazione con l’Università di Parma.
“Per me l’applicazione della scienza ai cibi – dice – è uno strumento per analizzarne i processi di trasformazione e per mettere a punto modelli che esaltino la qualità della materia prima senza snaturarla”. In questo la cucina molecolare di Bocchia si stacca da quella di altri importanti colleghi.
Qualche esempio? Il primo ad aver utilizzato l’azoto liquido in cucina: “Non per stupire, con la creazione praticamene istantanea del gelato, ma perché la cristallizzazione immediata consente una percezione del gusto a una temperatura ottimale senza ghiacciare la bocca”. E ancora, la frittura negli zuccheri fusi che permette di ottenere la “Reazione di Maillard” senza l’uso di grassi animali, mentre la lecitina di soia in sostituzione del tuorlo d’uovo in preparazioni come maionese e pasta fresca rappresenta una scoperta preziosa per chi soffre di intolleranze alimentari. Non da ultimo, Bocchia ha introdotto in cucina l’uso dell’inulina, una fibra solubile, come sostituto dei grassi. Nel paradiso di Villa Serbelloni, dove Bocchia è Executive Chef del ristorane “Mistral”, racconta: “La mia cucina è semplice, voglio offrire al cliente un percorso sensoriale profondo” e sottolinea: “Vorrei che si tornasse ad assaporare il sapore della nostra essenza senza perdere la semplicità”.
H di P