Un museo, un’esposizione culturale per raccontare il mondo della “Manna”. Non parlo della Manna biblica ma della Manna di Pollina e Castelbuono, ovvero le uniche due località al mondo dove si produce ancora questo straordinario dolcificante naturale.
Siamo nel Parco delle Madonie in provincia di Palermo, un territorio affascinante tutto da scoprire.
La Manna, già nota a greci ed arabi
La Manna era conosciuta dagli antichi greci e dagli arabi e con molta probabilità la sua produzione risale a molti secoli fa. Fu però in Sicilia che venne individuato un luogo ideale per produrla. I primi documenti scritti che abbiamo sul tema risalgono al 1500 e al 1600. Ricordiamo che i prodotti territoriali venivano già allora salvaguardati in un modo particolare proprio perché era quello il sistema per tramandare la cultura.
La Manna oggi si produce esclusivamente nel territorio di Pollina e di Castelbuono perché, purtroppo, si dice che non la sappia più fare nessuno; mentre nell’ottocento si produceva ancora in altri luoghi come la Calabria, la Maremma Toscana, sul Gargano. Nella zona che va da Palermo fino a Castellammare del Golfo si è prodotto Manna fino agli anni 50 del secolo passato, oggi non più.
Il grande rischio è quello di perdere la cultura della Manna, sbiadire la possibilità di conservare il rapporto con questa pianta, una cultura dell’umanità che sopravvive solo grazie ad un gruppo di persone che ancora sanno rapportarsi in un modo particolare con una pianta. La manna infatti si estrae dal Fraxinus Ornus (frassino da manna).
La Manna delle Madonie, un dolcificante naturale ma non solo
La Manna delle Madonie serve come digestivo, lassativo, rinfrescante come dolcificante per diabetici perché non altera il livello glicemico del sangue pur essendo dolcissima, e poi per tutte le malattie che riguardano l’intestino come ammorbidente cicatrizzante e per lo stomaco. In passato infatti uno degli usi che si faceva era contro il rigurgito, senza tralasciare che la si può utilizzare quindi per dei casi di gastrite, o meglio ancora di gastralgia.
La tecnica del filo di nylon
La produzione oggi avviene come in passato, si continua a fare come sempre mediante delle incisioni sulla pianta da dove sgorga il succo che man mano che scende lungo il tronco cristallizza. L’unica novità di questi ultimi anni è la tecnica del filo di nylon. Invece che farla scorrere lungo il tronco si fa scorrere lungo un filo così viene pulitissima.
Il concetto del filo di nylon è molto importante perché ha contribuito a dare una scossa al mercato. La Manna ha vissuto il periodo in cui la vendita risultava difficile, la si raccoglieva prevalentemente per l’industria e, si sa, se si raccoglie per l’industria significa che il prodotto risulta come materia prima. In linea di massima la materia per l’industria per definizione deve avere un prezzo contenuto. Il filo è stato inventato proprio per questo, per fare in modo che quello che faceva l’industria, cioè purificare la Manna sporca, viene fatto direttamente nel campo e questo significa che non è più una materia prima ma è una materia finale.
La Manna, come spiega Giulio Gelardi uno storico produttore all’interno del museo, si dovrebbe utilizzare come una spezia perché altrimenti crolla il valore e non vale assolutamente la pena di produrla. Tenendo anche presente che sia in Italia che nel mondo circolano tonnellate di Manna contraffatta. E’ essenziale continuare a produrre Manna pulitissima in modo tale che diventi il prodotto finale, perché solo così, il contadino può sopravvivere, altrimenti sarà costretto a produrre per l’industria correndo il rischio di farla sparire.
La raccolta della Manna
La raccolta del pregiato succo avviene quando le piante sono mature. La difficoltà iniziale consiste proprio nel comprendere, nel distinguere un frassino maturo da uno non maturo, e questa è una tecnica che si tramanda di padre in figlio perché non varia solo da pianta a pianta ma anche da campo a campo e non secondo una regola precisa.
Lo stato di maturazione della pianta coincide nel momento in cui finisce completamente lo sviluppo primaverile e non dona più foglie nuove, e al contempo la gemma è pronta per l’inverno. Qui, sulle Madonie succede alla fine del mese di luglio, a cavallo tra luglio e agosto.
Tra luglio ed agosto, il periodo della raccolta
E’ in questo periodo che si fanno le incisioni. La prima però non deve fare Manna così come la seconda, è dalla terza che il frassino inizia a dare il succo, operazione che dura poi per una ventina di giorni. Il succo fuori uscito dalla pianta comincia a cristallizzare man mano che scende lungo il tronco, dopo una settimana, secondo la tradizione è pronto per essere raccolto. Con la tecnica del filo di nylon in realtà dopo 3 giorni è già pronta. Scorrendo lungo il filo, essendo esposto da tutti i lati, cristallizza prima e si guadagna qualche giorno che è importantissimo perché la pianta ha paura dell’acqua se capita un temporale la pioggia distrugge tutto. In poche parole l’unica Manna sicura non sono i cannoli che si formano sul filo ma quella che è a casa già raccolta.
La Manna raccolta si mette poi a seccare al sole per una settimana dopodiché si la può conservare tranquillamente. Negli ultimi anni si è però compreso che, come tutti gli zuccheri, fa le tarme e può essere aggredita. Ma con un passaggio con di freezer a meno 18 gradi risulta disinfestata totalmente e a così si può conservare per anni.
La Manna si estrae da piante di circa 5/10 anni, ma non è un dato assoluto; non tutte le piante, infatti, entrano in produzione nella stessa età e nello stesso periodo. La maturazione della Manna può anche dipendere da altre variabili come la natura del suolo, l’esposizione e l’altitudine. La stagione produttiva comincia in funzione dell’andamento climatico e le prime incisioni sulle cortecce possono anche essere anticipate durante la seconda metà di giugno, in particolare quando le foglie, a causa della scarsezza di acqua e delle torride temperature, cominciano a perdere l’abituale lucentezza, divenendo opache e giallastre.
Un rituale di raccolta tramandato da secoli
Il frassinatore incide un pezzetto di corteccia dalla pianta con il tipico mannaluoru. Dall’incisione si stende il filo, alla cui estremità viene posto un peso per tenerlo in tensione. Attorno al filo la manna tenderà a raggrumarsi, realizzando dei prodigiosi cannoli. Le incisioni devono essere eseguite con energia, in modo da interessare l’intero spessore della corteccia fino all’alburno, per una lunghezza variabile dai 5 ai 10 centimetri, a partire da 5 centimetri dal suolo. Un vero e proprio rituale tramandato da secoli e riprodotto a una distanza di circa 2 centimetri dalle precedenti incisioni e leggermente inclinate per favorire lo scolo della Manna. La migliore è quella di colore bianco o giallastro, sintomo di purità e qualità, come spiega Emilio Appiano, ventiduenne, il più giovane produttore.
Un piccola curiosità, per concludere con ancora più dolcezza, è il panettone alla Manna del celebre pasticcere Nicola Fiasconaro, una vera chicca per i più golosi.
Fabrizio Salce